venerdì 20 aprile 2007

Associazione "Laureati Dimenticati"

Valorizzare le capacità dei giovani in possesso di elevati livelli di istruzione, favorendone l'ingresso e la permanenza stabile nel mondo del lavoro. E' l'obiettivo dell'associazione "Laureati Dimenticati": "La nostra iniziativa- spiega Antonella Cucchiara, ideatrice del progetto- mira a restituire dignità a tutti quei soggetti che, dopo i sacrifici messi in atto per conseguire un titolo universitario, oggi non raccolgono i frutti dell'impegno profuso". Una convinzione, questa, corroborata anche dagli ultimi dati forniti dall'Istat. Secondo un rapporto del 2004, infatti, i giovani laureati siciliani inoccupati, a tre anni dalla fine degli studi, ammontano al 24,6 % del totale contro una media nazionale del 12,5 %. "Il laureato - continua Cucchiara - rappresenta un capitale umano pregiato e immediatamente spendibile sul territorio che, tuttavia, corre il serio rischio di andare incontro a un fenomeno di esclusione sociale. Altro tasto dolente è quello che riguarda le oscure prassi di assunzione affermatasi negli ultimi anni. Le procedure concorsuali sono state soppiantate dalla formula del clientelismo dilagante". Sono circa 150 finora le adesioni pervenute.
(fonte: La Sicilia).

giovedì 5 aprile 2007

Un Racconto vero


Lo zaino

A giudicare dall’aspetto non avresti scommesso un soldo su di lui; a dire il vero nessuno avrebbe scommesso su di lui, nemmeno lui stesso. Era una di quelle persone che a prima vista ti lascia indifferente, che non noti, ma che ti trasmette quella sensazione di stranezza, tipica di quando ti passa accanto qualcuno e, incrociando il suo sguardo, non ti ricordi dove l’hai incontrato prima. E dopo averci pensato un po’ continui per la tua strada, girandoti un’ultima volta verso di lui. Quel giorno usciva da casa molto presto. Sotto quella folta chioma rossa mostrava un sorriso, a tratti spezzato da un’espressione un po’ cupa, come se un velo oscuro calasse su di lui, ad intervalli regolari, sempre in agguato, come un pensiero persistente. Sembrava volesse lasciarselo alle spalle a giudicare dall’andatura spedita e dall’aria un po’ furtiva. Della gente del vicinato quasi si potevano ascoltare i pensieri, quasi se ne avvertiva il brusio di fondo:
- Ma dove va? Che fa? Andava così bene a scuola... lavorare a quell’età... ora si che dovrebbe trovarsi un lavoro. Ma che deve fare nella vita? Questi giovani, con la testa sempre per aria! -
Quasi li sentisse, Fabio concludeva tra sé e sé:
- Forse sto sbagliando tutto...-
E continuava per la sua strada, in un turbinio di pensieri, verso la fermata dell’autobus.
Sotto le scarpe consumate il marciapiede era una pellicola fotografica, che i suoi occhi attentamente scrutavano, come volessero cogliervi dei dettagli prima sfuggiti; cercava un senso in quei fotogrammi cosi reali, cosi fugaci, ingenui, crudi, che la vita aveva impresso nella sua memoria, in un ordine discontinuo e casuale, a tratti incontrollato; un film muto, dove la sua volontà non aveva trovato parte.
- Auguri! E come la mettiamo ora? - disse Alessandro, bloccandolo alla fermata e prendendolo per le orecchie.
- Guarda che sono ventisei; vacci piano, altrimenti come faccio a sentire le tue continue lamentele su...? -
E Alessandro, senza fargli finire la frase:
- È cosi che mi ringrazi? E poi ti lamenti che non c’è nessuno che ti pensa.-
E l’altro:
- Ma smettila, ogni giorno mi fai il caffè a casa tua; ci mancherebbe pure che ti scordassi del mio compleanno! Ma dove vai a quest’ora del mattino?-
- Ho saputo che cercano personale al cantiere navale. Non ti ricordi? Ne parlavamo
qualche giorno fa. Ma perché? Tu dove stai.... -
Accorgendosi dello zaino sulle spalle dell’amico, con un’espressione un po’ stupita, continuò con un filo di voce:
- Ma allora non scherzavi? Stai tornando a scuola veramente? - E con un tono più deciso disse:
- Ma dai, smettila, non dirai sul serio? -
Gli occhi di Fabio tornarono a scrutare il marciapiede. E vedendo che non accennava ad un sorriso, tornò a dire:
- E con il lavoro come fai? Lo sai che tuo padre non ti dà un soldo... E poi la gente che dirà, ...sai com’é... e la macchina? Come farai a pagarti le tasse? Vuoi camminare a piedi a trent’anni ? -
- Sì...- disse Fabio - non mi importa. -
- Mah, io non ti capisco. Guarda che non concludi niente, quel pezzo di carta in questo
paese schifoso non serve a nulla. E poi, diploma o non diploma, sai quali sono i lavori
che puoi fare qui: lo sguattero in un bar, il panettiere, il muratore, sottopagato e in nero, a meno che non ci sia la raccomandazione,... allora si che puoi lavorare, ma ci vogliono le conoscenze e tu non ne hai, ... e nemmeno io. Ascoltami, che sono più grande di te: vieni con me al cantiere,... anzi no, per quello che serve, tanto già sanno chi deve entrare... Ascoltami, fatti le valigie e cerca lavoro fuori; al Nord, là cercano quelli come noi, che lavorerebbero pure dodici ore al giorno! Ascoltami, lascia perdere ‘sto discorso della scuola, che perdi solo tempo, e fatti le valigie, e quasi quasi vengo pure io con te! -
- Senti un po’, Alessandro, le conosco troppo bene queste soluzioni. Non mi importa, ho già deciso. Sono stanco di respirare quest’aria di chiuso, di vedere la gente rassegnata...Perché hai rinunciato ai tuoi sogni? Credi che siano i soldi? No, non è il denaro, è la volontà che manca. Se ti mancano i mezzi cercali, fatti aiutare, inventane di nuovi, ma non rinunciare. Ci sono persone nel mondo che vogliono che la gente come noi rinunci a sognare, ci tengono allo scuro. Io voglio scoprire, capire, studiare, cambiare, avere gli stessi mezzi. E poi sceglierò cosa fare, ma ad armi pari. Sono le persone come noi, che partono dal basso, quelle che possono cambiare il mondo, perché hanno voglia di riscattarsi, di avere. Vogliono colmare quel vuoto che li separa da quel Nord che dicevi tu...Lo so che non è facile tutto questo, quando intorno a te ogni cosa ti dice di rinunciare; ti fa perdere la ragione per la rabbia e il rancore. Ma ora ho capito e non posso più tornare indietro, anche se so che mi costerà caro. Forse credi che io sia impazzito, ma spero che quando salirò sull’autobus ci penserai, sei ancora in tempo per scegliere.-
Alessandro lo fissava senza tradire un’espressione nel viso, come se temesse che da un momento all’altro la terra potesse franargli sotto i piedi.
Da lì a poco una brusca frenata interrompeva quel silenzio. Fabio salì sull’autobus:
-Vado, sono in ritardo. Ci vediamo.-
Alessandro rispose con un cenno e seguì con lo sguardo l’amico fino a quando il mezzo non scomparve nel traffico. Decise di tornare a casa e lo fece senza togliere gli occhi da terra, come se il marciapiede fosse una pellicola fotografica.
E sembrava che stesse pensando:
- Forse sto sbagliando tutto...-

Calogero Flaibani