domenica 27 luglio 2008

Una vita da stagista


Ci sono quelli che in azienda ci passano sei mesi, imparano qualcosa e poi decidono di cambiare strada. Altri invece si ritrovano per un po' a fare il lavoro di un dipendente, stando in ufficio fino a tarda sera per completare una documentazione che servirà il giorno dopo, e poi, di punto in bianco, quando lo stage è finito, si ritrovano con il ben servito. Senza null’altro da stringere nel pugno. Poi, forse, troveranno altrove il vero lavoro che meritano. Altri invece ricevono un’offerta per un contratto di collaborazione. Pochi quelli che riescono a imparare davvero qualcosa o a conquistarsi subito un contratto a tempo indeterminato. Per molti il rischio è che si tratti di un periodo in cui si apprende poco e, in termini di retribuzione, si riceve ancora meno, se non nulla.

Quello degli stage pare essere un mondo pieno di occasioni, contraddizioni e nodi irrisolti. Una sorta di prisma attraverso il quale è possibile intravedere quel che non va nel modo di avviare i giovani al lavoro. Il tirocinio di formazione è uno strumento importante. Può aiutare ad orientarsi, a farsi una prima idea di cosa possa essere il mondo del lavoro e delle imprese. Un’occasione per comprendere, in maniera più chiara, quali sono le proprie propensioni, capacità e possibilità. Ma purtroppo non è solo questo. Strumento spesso troppo plasmabile, lo stage rischia di frequente di passare da un auspicabile e proficuo “uso” ad un deprecabile “abuso” da parte di imprese che non vogliono formalizzare altrimenti rapporti di lavoro dipendente. E da occasione utile, necessaria e da ricordare, rischia di diventare un’esperienza da dimenticare al più presto, inutile e superflua.

In questi anni sempre più imprese ne hanno fatto ricorso. Di recente la Commissione europea ha annunciato che l’anno prossimo metterà in campo delle iniziative per "promuoverne l’uso e combatterne l’abuso". Per questo abbiamo deciso di mettere a confronto, sul nostro network, le opinioni dei giovani, dei giovanissimi e dei più maturi, con quelle dei responsabili delle risorse umane. Abbiamo deciso di ascoltare la voce di chi è passato per qualche mese nelle stanze delle imprese, chi imparando e rubando con gli occhi, chi soffrendo per il tempo perso, e metterle a confronto con quelle dei responsabili delle risorse umane che nelle imprese gli stage e i tirocini li organizzano. Abbiamo deciso di mettere a confronto chi valuta, osserva i giovani e decide se sono o meno adatti al mondo del lavoro con quello dei giovani che, più di tutti gli altri, in quell’esperienza mettono il loro corpo e le loro speranze.

(fonte: la Repubblica, scritto da Federico Pace)

1 commento:

Luce ha detto...

purtoppo credo che gli stage finalizzati alla vera formazione, piuttosto che all'inserimento, si contino sulle dita di una mano. Le conoscenze che ti trasmettono sono frammentate e ridotte a semplice uso e consumo dell'azienda. Non c'è nessuno interesse a trasmetterci una conoscenza approfondita sui vari argomenti. Dopo 4 tirocini, tutti rigorosamente non retribuiti, ne ho la certezza: o si cambia la legge sugli stage o siamo destinati a diventari gli schiavi moderni ( e in gran parte già lo siamo)
A presto,
Luce